Il borgo medievale di Montebenichi sorge sulla sommità di un rilievo, che separa il Chianti dal Valdarno, mediante il vallone dell’Ambra.
Nato dalla fortificazione di un nucleo esistente, si struttura su tre centri concentrici, che racchiudono la rocca originaria e che rappresentano le tre fasi dello sviluppo architettonico e storico del borgo.
Nel secondo cerchio, domina il castello di Goro, la cui data di costruzione può essere approssimativamente fissata intorno al periodo 1540 – 1550, risulta particolarmente imponente in rapporto agli altri edifici del borgo.
Costruita come residenza fortificata per ordine di capitan Goro, glorioso condottiero di ventura al servizio dei Medici, che intendeva così trasmettere il prestigio e la potenza raggiunta dalla sua dinastia. Il castello di Goro è stato destinato agli inizi del 2000 dal presidente Paolo Ducci a sede istituzionale della Fondazione.
Una volta terminati gli elaborati lavori di restauro, ospiterà al piano ammezzato uffici e ampi spazi espositivi, mentre al piano nobile si situeranno, oltre alle sale di rappresentanza, la Sala delle udienze, la più grande del castello, (ca. 90 mq) che verrà destinata ai concerti e alle conferenze.
Sempre al piano nobile troverà posto la biblioteca della Fondazione che potrà contare su alcune migliaia di volumi, soprattutto di carattere storico, filosofico e giuridico, oltre ad una ricca scelta di letteratura italiana e straniera.
Il pianoterra, attualmente adoperato come luogo espositivo, ha visto nell’agosto del 2000 svolgersi la significativa esposizione di Martin Petz, “uomini”, nel quadro delle manifestazioni di presentazione degli Incontri con la cultura europea in Toscana.
Cenni storici
Nonostante non siano presenti elementi che permettano di determinare esattamente l’origine di Montebenichi, si può presumere, basandosi su dei ritrovamenti archeologici (monumenti funerari vicini alla chiesa) e sulla base di alcuni elementi deduttivi, l’esistenza di un primo insediamento Etrusco.
La forma della navata della chiesa (probabilmente risalente al 550 a.C.), conferma l’esistenza di una colonizzazione barbarica dalla quale potrebbe derivare anche il nome stesso di Montebenichi (Benicola dal Longobardo “Benuald”), quindi il primo insediamento Etrusco di Montebenichi del quale possiamo essere sicuri è attribuito all’epoca Longobarda.
L’importanza di Montebenichi come Castello, già nel Medioevo e specialmente all’inizio dell’era moderna, è dimostrata dalla presenza di una grande “M” sulla vasta mappa disegnata sul muro all’interno dell’ufficio di Filippo II. Montebenichi risulta come facente parte di una rete di siti fortificati, i quali non solo hanno dato protezione e riparo alla popolazione locale durante la guerra secolare tra le repubbliche di Siena e Firenze.
Nella prima metà del 1500 la Famiglia Stendardi stava emergendo a Montebenichi, grazie specialmente a Goro, capitano di fortuna al servizio della Repubblica Fiorentina. Verso la metà dello stesso secolo, capitan Goro ordinò di costruire per la sua famiglia, proprio fuori dalle mura di Montebenichi, un’imponente residenza fortificata, generalmente conosciuta da allora in poi come il Castello di Goro.
Con l’Unità d’Italia (1861) e con la fine dei privilegi connessi con l’antico Ordine dei Cavalieri (alla famiglia Stendardi era stato concesso nel 1851 da Filippo II de Medici il titolo di Ordine di Santo Stefano) anche la forza ed il prestigio dei discendenti di Capitan Goro iniziarono a declinare. La famiglia Stendardi lasciò perciò Montebenichi e vendette il Castello alla famiglia Baiocchi, che effettuò grandiosi perfezionamenti e trasformazioni, abbellendo più di tutto, in uno stile chiaramente Gotico, il carattere medievale della costruzione.
Nell’ultimo secolo, il Castello, nel suo attuale aspetto, è stato nuovamente ceduto, e dopo essere appartenuto alla famiglia Antonelli, divenne parte delle risorse del podere di Montebenichi e proprietà della famiglia dei marchesi Ducci, imparentata con quello dei conti Stendardi.
Aspetti architettonici ed artistici
Il Castello è costruito con uno stile decisamente imponente, ma è raffinato con delle arcate nel lato nord e con una torre nel lato est, inoltre originariamente comprendeva nel vasto pianterreno una loggia con un passaggio a volta per le carrozze ed i cavalli, completata poi da una piano mezzanino nel quale sarebbe stato possibile accedere dal lato orientale, questo costituisce la facciata principale, che ha una prospettiva dall’alto sull’intera valle, avendo di fronte il piccolo parco terrazzato che, diviso dal castello da una strada di accesso al borgo, è delimitato da un antico muraglione su cui si apre una grande cancello in ferro.
L’entrata del primo piano (il piano nobile) era situata, sul lato esterno dell’attuale Via del Castello, mentre probabilmente già nel 1800 fu aperto un grande ingresso sul lato della via di Capitan Goro.
Il primo piano appare essere quello che tutt’oggi mantiene le sue antiche caratteristiche architettoniche medievali ed include molte e vaste stanze, tra le quali, particolarmente significativa la grande “Sala delle udienze” che Capitan Goro ed i suoi discendenti utilizzavano per ricevere i delegati ufficiali, i notabili dei feudi circostanti e per trattare di questioni attinenti all’amministrazione e alla giustizia.
Sempre al piano nobile, nel cui ingresso sono infissi a parete due stemmi in marmo della famiglia Stendardi, è situata la Sala del Camino, dall’immenso ed elegante camino in pietra sormontato da uno stemma e dal grande balcone con balaustra in terracotta.
Le grandi trasformazioni realizzate dalla famiglia Baiocchi agli inizi del ‘900 hanno conferito all’edificio caratteristiche architetturali tipiche dello stile gotico, che si riscontra principalmente nelle due eleganti finestre con colonnine e con un rosone centrale sul lato nord della facciata e nelle merlature che delimitano la terrazza a tetto, nonché nelle finestre gotiche sulla cima della torre e dalle decorazioni in pietra sulla terrazza, dalla quale nelle giornate serene è possibile scorgere chiaramente l’inconfondibile skyline della città di Siena.
Sullo stesso lato N, una delle due lapidi affisse, Gregorio Stendardi, detto Goro da Montebenichi, che fu signore del castello nel cinquecento. Condottiero di ventura al servizio del Granducato di Toscana, durante la guerra contro Siena, Goro militò al comando di Giovanni dalle Bande Nere.
L’episodio in cui emerge maggiormente la figura di Gregorio Stendardi fu in occasione della battaglia di Gavinana, quando, durante l’ultimo attacco, tentò invano di proteggere col suo stesso corpo il condottiero Francesco Ferrucci.
Nel cinquecentesco Palazzo Cisterna di via Giulia, architettonicamente una delle più eleganti vie del Centro storico, hanno sede dalla sua istituzione gli uffici della Fondazione, nonché la Presidenza.
L’attuale presidente, Paolo Ducci, ereditata la proprietà nel 1998, ha destinato a sede della Fondazione l’intero appartamento al pianoterra, che era stato lo studio da architetto e scultore del progettista e primo proprietario del palazzo, l’insigne Guglielmo della Porta. Gli storici ambienti, che rappresentano il centro operativo e la sede legale della Fondazione, ospitano anche le riunioni del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Direttivo e del Comitato d’Onore.
Una menzione a parte meritano i grandi locali seminterrati, di notevole interesse architettonico, ove attualmente sono in fase di ultimazione lunghi e complessi lavori di restauro che dovrebbero permettere in breve l’apertura del “Cenacolo culturale della Fondazione”, intitolato appunto a Guglielmo della Porta.
Cenni storici
Sotto il pontificato di Papa Giulio II della Rovere (1503) venne promosso un piano di modernizzazione delle vecchie strutture organizzative dello Stato della Chiesa, che coinvolse anche l’assetto urbanistico della città di Roma. In tale contesto, la “via Julia” assunse il ruolo di nuova arteria, destinata a rappresentare la Roma degli affari, a causa della sua vicinanza con la zona dei Banchi, luogo destinato all’attività finanziaria.
Palazzo Cisterna, che fu costruito nel cinquecento, su commissione di Guglielmo dalla Porta, sorge appunto lungo questa storica via romana. Il noto scultore visse a Roma anni fondamentali per la sua produzione artistica.
La sua opera principale è infatti il monumento a Paolo III Farnese (Roma, San Pietro), iniziato nel 1549 e compiuto solo 26 anni dopo. Il Palazzo fu venduto agli inizi del novecento alla famiglia Cisterna, di cui era membro il pittore Eugenio, considerato l’ultimo grande pittore accademico di ambiente romano e morto nel 1930. Nella seconda metà del secolo scorso fu in parte acquisito dalla Famiglia Ducci.
Elementi architettonici e artistici
Pur mancando delle caratteristiche architettoniche dei palazzi monumentali di via Giulia, Palazzo Cisterna si presenta particolarmente elegante nella sua linearità, soprattutto nella corte quadrata divisa da due arcate centrali a tutto sesto che si replicano sulla parete di fronte all’ingresso a formare un loggiato, oggi chiuso da vetrate. Su uno dei semplici, ma armoniosi architravi delle porte che danno sulla corte, appare l’iscrizione, “Pietrux Alphonsius”, che forse si riferisce all’avignonese Pietro Alfonsi, il quale fondò, a Santa Maria degli Angeli, la cappella dedicata ai Santi Pietro e Paolo (1580).
Nelle pareti libere della corte sono murati antichi frammenti romani, alcuni dei quali di raffinata fattura. Gli interni del Palazzo presentano alcuni importanti saloni con soffitti a cassonetto dipinti e pareti affrescate a grottesche. Nei seminterrati, anticamente utilizzati come stalle, nei quali insiste anche una cisterna romana, si può rilevare la presenza di fondamenta di edifici preesistenti, alcune delle quali di epoca romana.
La sede di Fez nasce soltanto nel 2004 con l’intento specifico di sottolineare il ruolo della Fondazione quale promotore del dialogo interculturale.
La scelta del Marocco e di Fez in particolare, una delle città imperiali di quel Marocco che custodisce tra le più antiche e raffinate culture di quel mondo islamico che sempre maggior interesse ha suscitato negli ultimi anni, non sono in effetti determinate dal caso, soprattutto in un momento in cui il mondo arabo e l’Islam sono al centro dell’attenzione, spesso diffidente, qualche volta allarmata, della nostra opinione pubblica, che nello stesso tempo risulta non sufficientemente informata e documentata, con il rischio di divenire ostaggio di pregiudizi e stereotipi che non aiutano il dialogo, la comprensione e un reciproco arricchimento culturale.
Il Marocco rappresenta innanzitutto per l’Europa un interlocutore di grande rilevanza nell’ambito degli incontri tra civiltà del Mediterraneo, simbolo dell’incontro, dell’interscambio e dell’integrazione fra popoli diversi.
La città di Fez, dal canto suo, dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, da sempre considerata capitale culturale del Paese, con una delle più grandi e belle medine del mondo, in gran parte ancora intatta, sfugge ai grandi flussi turistici e questo permette a colui che vi si reca di cogliere in pieno la ricchezza e il fascino di un’arte e di una cultura autentiche.
In questo scenario, la Fondazione Ducci è intenzionata, in linea con i suoi fini statutari, a fornire, con l’apertura del riad Jisr Assalam, un suo contributo in tale direzione.
Tra le principali attività della sede marocchina della Fondazione vi sarà infatti quella di organizzare, attraverso borse di studio, soggiorni di studiosi e artisti europei, che, ospiti nel riad, potranno avere contatti e scambi di opinioni con i loro omologhi marocchini e, ove possibile, dell’intero Maghreb.
La Fondazione considera quest’iniziativa un’occasione particolarmente significativa quale contributo allo sviluppo di un dialogo laico tra culture, che promuova gli incontri, la conoscenza, la collaborazione.
Cenni storici
La città di Fez si trova all’interno del Marocco, a metà strada tra Rabat e Oujda e viene considerata, tra le città imperiali, la città simbolo del Paese.
A partire dall’808, Idris II fece costruire in città moschee, palazzi e monumenti, gli stessi che oggi conferiscono a Fez il suo aspetto monumentale. Tutte le grandi dinastie vi hanno lasciato il segno, ma, nonostante questa ricchezza di carattere cosmopolita, Fez ha saputo mantenere una forte identità araba.
La medina di Fez el-Bali (vecchia Fez) è una delle più grandi città medioevali del mondo arabo, al pari di Marrakech, Il Cairo e Damasco. Come tutte le medine anche Fez el-Bali è divisa per zone, che ne rappresentano le diverse corporazioni artigianali, ed è attraversata da un fitto intreccio di vicoli e stradine, tanto stretti e ripidi da non permettere il passaggio di mezzi di trasporto che non siano animali.
Il riad Jisr Assalam é situato in una piccola stradina in una delle zone residenziali più esclusive della medina, denominata Douh, equidistante tra la Tahal seghira una delle due grandi arterie che attraversano l’intera città storica e la porta che conduce alla piazza di Batha. Fatto costruire oltre 120 anni or sono da una delle importanti famiglie nobili fassì, alla quale è appartenuto sino alla metà del secolo scorso, quando fu acquisito da una ricca famiglia di mercanti, i Bousidi, dai quali la Fondazione lo ha rilevato nel 2004.
Elementi architettonici ed artistici
L’edificio, che presenta una pianta rettangolare, è costituito da tre corpi di fabbrica, le cui tre facciate rispettive danno sulla grande corte interna delimitata sul quarto lato da un alto muro, decorato nella parte inferiore con splendidi mosaici in maiolica (zellig) e semi colonne , al centro una fontana in marmo bianco di Carrara.
I tre corpi di fabbrica presentano al piano terra ciascuno un loggiato delimitato sul lato della corte da quattro grandi colonne, interamente ricoperte da ceramiche policrome. In ciascuno dei loggiati , sui quali insistono tre grandi portoni in cedro che danno l’accesso ai saloni per gli ospiti, si affacciano due finestre ad arco, protette dalle tradizionali grate in ferro battuto lavorato.
Una scala di inconsueta ampiezza, abbastanza rara per le architetture dell’epoca, conduce ai piani superiori. Vari ambienti di diverse dimensioni si aprono sulla scala che attraversa due ballatoi, uno al primo, l’altro al secondo piano, entrambi arricchiti da una fontana a parete. Il secondo ballatoio mette in comunicazione attraverso un atrio, dal quale si diramano corridoi che conducono alle camere., ad un grandioso salone impreziosito da un lambris realizzato in marmo nero e ceramiche policrome e da tre grandi arcate. Dal salone si snodano attraverso un passage altre camere su due diversi piani.
Tutti i saloni ed alcune delle camere sono abbelliti da soffitti con travi in legno di cedro e da stucchi alle pareti.
Gli ampi terrazzi sovrastanti permettono una spettacolare vista a 360° sulla medina, consentendo di avere anche un’ampia visuale sul paesaggio circostante la città, e quindi sulle antiche tombe merinidi e su di una parte della cinta muraria che racchiude l’intera città vecchia.
Importanti opere di consolidamento sono state effettuate, prima di procedere alle opere di restauro conservativo che si basano su di una ricerca storico-filologica dell’architettura dell’immobile che, senza alterare il carattere originario, lo renda pienamente fruibile per le finalità della Fondazione.
La Fondazione sposta la sua sede operativa in via Giuseppe Pisanelli, 2.